Produzione compagnia ATIR
di | Piero Colaprico
regia di | Serena Sinigaglia
con | Arianna Scommegna
scene | Maria Spazzi
costumi | Federica Ponissi
luci | Alessandro Verazzi
“Sai cosa è davvero la città di M.? È una mamma… sì, una mamma dura, amara, che solo qualche volta ti sorride e quando lo fa, tu dici: però, mia mamma, quant’è bella. Ma poi si gira, ha come un oscuro pensiero e torna cupa e fredda e fai fatica a pensare che mai un solo giorno ti ha voluto bene, è tutta presa dalle sue cose, dal suo lavoro, non ha tempo da sprecare nemmeno per i figli… che cos’è un sorriso, mamma?Una mamma che non sorride ai figli è una bastarda! Una pacca sulle spalle come un’elemosina. Mai un abbraccio, mai una coccola, come possiamo crescere così, come abbandonati, come orfani, come persone che stanno sotto un cielo di coltelli…”
da “Qui città di M.”, Piero Colaprico
Qui città di M. è innanzi tutto un giallo a tutti gli effetti, genere per altro assai poco praticato in teatro ma da me già precedentemente affrontato con gran soddisfazione.
Quando vivi in una città dove:
a) Non si respira
b) Non si vede
c) Non si ascolta
Arrivi a chiederti… perché ci resto ancora? Cosa ci faccio qui? E perché ci sono affezionata? Cosa mi porta ad amare qualcosa che mi respinge? Solo perché ci sono nata? Possibile? Da tanto voglio parlare di questa stupenda e misera città che mi ha insegnato a vivere, questa città brutta, questa città che in pochi hanno osato cantare, questa città che mi ha saputo dare dei valori e che poi me li ha sbattuti in faccia come boomerang, li ha capovolti, rigirati, rinnegati, questa città che è cambiata troppo e che noi, gli abitanti, ancora stentiamo a capire quanto. Questa città di M. dove tutto è possibile e niente lo è davvero a parte il business…ma solo quello di passaggio e preferibilmente straniero!
Qui città di M. è ambientato a Milano e vuole essere una riflessione aperta su questa città che nel giro di soli quindici anni ha cambiato radicalmente volto.
Non amo fare i monologhi. Volete sapere la verità? I monologhi mi annoiano.
Li faccio solo se ho una storia importante con l’attore o l’attrice e solo se mi è permesso fare tutto quello che voglio… come chiamare Piero Colaprico (che non conosci di persona) e chiedergli: “Ma tu che scrivi gialli ambientati nella città di M., tu che hai scritto libri con Valpreda, tu che hai seguito Tangentopoli e tutte le successive cronache giudiziale, tu, che solo a leggerti in Trilogia della città di M. mi fai simpatia, dico proprio tu che non hai mai scritto per il teatro, perché fai il giornalista di mestiere e il romanziere di passione, dico, cosa ne pensi di scrivere un noir ambientato a Milano per un’attrice donna? Aspetta: un’attrice è una parola inesatta, o meglio un numero inesatto. No, perché vedi, come posso spiegarti, Arianna – da sempre mia compagna di avventure teatrali – è… uno, nessuno, centomila. Freud probabilmente avrebbe trovato una definizione più pertinente, di fatto è una specialista nella caratterizzazione e più in generale nella costruzione del personaggio. È un’attrice d’intensità che può sostenere un viaggio faticoso, una regia faticosa… Insomma scrivi in libertà: avere un solo attore non vuol dire avere un solo personaggio narrante. E, ti prego, un’ultima cosa: niente narrazione pura, io voglio azione pura, suspance, colpi di scena, movimento, come nei film… teatro di azione… lo so che è fuori moda, lo so, ma che ci posso fare se a me piace così?
Qui città di M. è un monologo per sette personaggi scritto ad hoc su Arianna Scommegna da Piero Colaprico.
In conclusione Qui città di M. è Milano, è Piero (e dunque un bell’incontro), è Arianna (ovvero un’attrice straordinaria), è un rebus da risolvere…Qui città di M. siamo noi, le nostre paure, il grigio dell’asfalto, i fantasmi di chi non c’è più, la paura del diverso, del traffico, della bomba, dello smog, del buio, il disagio di chi vorrebbe il sole e il mare e trova solo nebbia e idroscalo, ma è anche la Boccassini, tangentopoli, Borelli, le inamovibili giunte di destra, la lega, il 25 Aprile, le sue periferie in cerca di un centro di gravità permanente, San Siro, i suoi locali bauscia, il rampantismo, la dignità silenziosa di persone come Ambrosoli, le banche, i giochi in borsa ma soprattutto la gente, sì, quelli che ogni giorno si domandano che cosa ci stanno a fare in questo schifo di città di M. e poi…ci restano, incollati, imperterriti anzi agguerriti, alla ricerca di un sogno che forse li potrebbe salvare…o forse, invece, uccidere…
Serena Sinigaglia