venerdì 9 maggio ore 20.00
in biblioteca
ingresso libero fino esaurimento dei posti disponibili
di Edoardo Morabito (74’)
Miglior Film per Italiana.doc Torino Film Festival 2013
Fantasmi di ieri e di oggi popolano il vecchio quartiere di San Berillo a Catania.
1958: è l’anno della legge Merlin con cui in Italia si chiudono i bordelli, e anche l’anno in cui San Berillo viene raso al suolo e i suoi 30.000 abitanti deportati nel quartiere periferico. Di San Berillo ne rimane un pezzetto: un buco nero al centro della città, crocevia delle storie che l’hanno attraversato tra mito, cultura popolare e case chiuse; e dove dal ’58 si riversano migliaia di prostitute da tutta Italia, dando vita a uno dei quartieri a luci rosse più importanti del mediterraneo. Anno 2000: un blitz delle forze armate mette fine al quartiere proibito. Ancora una volta gli abitanti di San Berillo sono costretti ad abbandonare le loro case.
Holly e le altre prostitute rimaste vivono sospese in un paradosso temporale e urbanistico. Affacciate dalle porte finestre sulle vie desolate e deserte, attendono quei pochi, affezionati clienti che ancora le vanno a trovare. Tutte vogliono andarsene, ma nessuna di loro sembra riuscirci. Il fantasma di Goliarda Sapienza ritorna tra i vicoli in cui è cresciuta per ritrovare “l’architetto di lava” e quegli esseri mezzo donna e mezzo uomo che vi abitavano. Franco, un ottantenne, vive nella sua casa fatta di macerie e sogna della sua giovinezza, quando lavorava nei bordelli dove puliva i letti delle prostitute. Orazio, un deportato che si aggira per il quartiere con la sua insanabile nostalgia per il mondo perduto, tenta di portarsi a casa le pietre e i resti del quartiere distrutto. Vincenzo, un’altro deportato, vive da solo, abbandonato da moglie e figli, nel quartiere impersonale costruito appositamente per i vecchi abitanti del centro storico.
San Berillo, con i suoi fantasmi che si aggirano per le stradette, e che se solo ti fermi ad ascoltare prendono vita come voci avide di spazi e tempi per esplodere in un canto doloroso e ironico, è lo scenario dismesso dell’eterna migrazione degli ultimi, dei miserabili.
San Berillo è un luogo della fantasia; un non luogo nella realtà irrappresentabile; un cimitero di storia e cultura e il ventre da cui è generato il segno smarrito del mondo antico che risuona, tra il rombo di un motorino e l’altro, attraverso i secoli. E i suoi fantasmi ci sognano, a noi che siamo gli spettatori-attori ad occhi chiusi di un dramma in atto unico: il vuoto, l’oblio, l’incessante ripetersi del tutto che non ha mai una forma definitiva, ma vive in queste storie che tracciano, dolorose e ironiche, una continuità tra un passato idealizzato e un presente da ristrutturare.