martedì 13 maggio ore 21.00
un progetto di Teatro Tor Bella Monaca e Federazione CEMAT
in collaborazione con Fondazione Teatro La Fenice Venezia e Conservatorio S.Cecilia
Un’importante iniziativa di promozione dell’opera lirica, con la proiezione di 9 opere prodotte dal Teatro La Fenice di Venezia. In alcune delle serate, le proiezioni saranno precedute da brevi interventi di giovani cantanti lirici che interpreteranno arie da alcune opere.
Gioachino Rossini
Il Barbiere di Siviglia | 2008, Teatro La Fenice
con Francesco Meli, Bruno De Simone, Rinat Shaham, Roberto Frontali, Giovanni Furlanetto
orchestra e coro del Teatro La Fenice
direttore Antonino Fogliani
regia Bepi Morassi
atto primo
In una piazza di Siviglia alcune persone si aggirano sotto le finestre di una casa: è quasi giorno e il Conte d’Almaviva vuole conquistare con una serenata il cuore di una fanciulla conosciuta a Madrid qualche tempo prima. Ma le pur eleganti parole non sortiscono alcun effetto e l’alba consiglia una prudente ritirata: soddisfatti della generosità del Conte i musicisti lo ringraziano rumorosamente prima di andarsene per lasciarlo in compagnia di Fiorello, suo fido servitore. Le speranze di vedere l’amata ancora non sono cessate, quando un allegro canticchiare annuncia l’arrivo di un estraneo. La prudenza di Almaviva, pronto nel nascondersi, è però eccessiva: l’importuno è Figaro, un barbiere amico di antica data trasferitosi già da qualche tempo a Siviglia.
Messo al corrente delle intenzioni del Conte egli si dichiara disposto, come già in molte altre occasioni, ad aiutarlo; la fortuna vuole poi che la fanciulla sia ben conosciuta dal barbiere, che svolge in casa di Rosina le sue fin troppo eterogenee mansioni. La porta della casa si apre in quel momento per lasciarne uscire don Bartolo, anziano medico e tutore della ragazza, della quale ambisce la mano. La cura posta nel richiudere la porta e le poche parole bisbigliate fanno presagire al Conte la passione che anima il vecchio.Figaro ha già preso le redini dell’azione e pretende che l’innamorato canti ancora e comunichi così alla ragazza il suo nome ed il suo amore. Questa volta la serenata sortisce miglior effetto e Rosina, la fanciulla, accenna brevemente a una risposta. L’accordo tra il Conte e Figaro è presto raggiunto: al primo interessa l’amore, al secondo, venale, il danaro, ed è proprio grazie all’oro di Almaviva che le idee del barbiere si fanno più precise, geniali. Nel pomeriggio arriva un reggimento di soldati e, con un ordine di alloggio, il corteggiatore potrà entrare nella casa dell’amata e parlarle.
Rosina si sta preparando per prendere contatto con lo sconosciuto ammiratore; ha già scritto un biglietto per lui e pensa al modo migliore per farglielo avere. In quel momento entra Figaro che, in poche parole, mette al corrente la fanciulla della passione che anima il suo amico, presentato come un suo cugino di nome Lindoro: è però interrotto da don Bartolo, sospettoso come sempre, che indaga sulla sicurezza della sua casa. Ne è ospite abituale don Basilio, insegnante di musica, amico del proprietario e gran imbroglione, che porta la notizia dell’arrivo in città del Conte d’Almaviva: per liberarsene qualsiasi mezzo sarà valido, magari anche un’arma vile come la calunnia.
Figaro e Rosina hanno però udito tutto ed è loro cura prendere accordi per mettersi in contatto con il conte: il barbiere avverte la ragazza che tra poco questi cercherà di introdursi nella casa; gli basterà avere solo un piccolo segno d’incoraggiamento, un biglietto che Rosina ha, del resto, già preparato. In pochi minuti Figaro parte, accortosi dell’arrivo del sempre più geloso don Bartolo.
Un violento bussare alla porta annuncia Almaviva, travestito da soldato e finto ubriaco, che entra in casa col pretesto dell’alloggio. Le scuse di don Bartolo sono inutili e Lindoro, approfittando della confusione creatasi, porge un biglietto a Rosina; il tutore se ne accorge e protesta vivacemente: ne nasce un parapiglia che sarà interrotto solo dall’arrivo della polizia. Nello stupore generale però il soldato non solo non viene arrestato, ma esce riverito dall’ufficiale della guardia.
atto secondo
Don Bartolo è rincasato da poco: si è recato al reggimento in cerca del soldato per saperne di più, ma per quanto lo abbia cercato non è riuscito ad averne notizia. Si presenta in quel momento alla porta di casa Almaviva, travestito questa volta da religioso: don Alonso, allievo di don Basilio, venuto per sostituire il maestro nella rituale lezione di canto di Rosina. Per scusare l’assenza di don Basilio egli lo dice ammalato, e per meglio convincere il sospettoso tutore, gli mostra un biglietto di Rosina come se fosse ceduto in mano sua per pura fatalità. Con questo mezzo, narra, vorrebbe indurre la fanciulla a credere in un tradimento dell’innamorato. La lezione ha così inizio e i giovani si possono finalmente parlare, grazie anche alla complicità di Figaro, intervenuto per radere don Bartolo.
E fortuna vuole che il barbiere riesca anche a prendere la chiave della stanza di Rosina.
Quando tutto però sembra finire per il meglio entra don Basilio, tra lo stupore di don Bartolo e la rabbia di Figaro. Il Conte riesce a ricomporre le fila della sua trama regalando una borsa d’oro all’importuno e convincendo don Bartolo che la presenza di don Basilio sarebbe dannosa al tentativo di convincere Rosina del tradimento del corteggiatore.
Ma neppure dopo l’uscita del maestro di musica, esterrefatto per l’accaduto, gli innamorati possono godere di un momento di tranquillità: dopo aver preso rapidi accordi, infatti, a causa di una frase imprudente, don Bartolo ravvisa in don Alonso il soldato della mattina, l’amico, come crede, del suo antagonista; anche questa volta la soluzione migliore è la fuga.
È ormai notte e il maltempo imperversa su Siviglia; nonostante il temporale Figaro e il Conte giungono puntuali all’appuntamento, ma trovano Rosina sdegnata contro ambedue. Il tutore l’ha infatti convinta che Lindoro cerca di rapirla per consegnarla nelle mani di Almaviva e la ragazza, che non ha mai sospettato la doppia identità di Lindoro, ne è rimasta sdegnata.
L’equivoco è chiarito ben presto e, approfittando nel frattempo della presenza di don Basilio e del notaio, fatto chiamare da don Bartolo che voleva così affrettare le nozze con la pupilla, i due innamorati stendono il contratto nuziale. Al tutore, rientrato in quel momento con la polizia, non resta altro che prendere atto dei fatti accaduti e riconoscere nell’importuno il Conte Almaviva in persona.