Prove aperte di emozioni in musica
giovedì 12 giugno ore 21.00
ingresso gratuito fino ad esaurimento posti disponibili
laboratorio condotto da Emanuela Giordano
con Biagina Agostino, Anna Cetorelli, Vittorio De Sciscio, Mariapia Di Salvo, Evelina Forgetta, Gabriella Fosforini, Liliana Mongelli, Giovanna Piras, Daniele Ponziani, Rosa Salemmme, Marina Spatuzzi, Fabiana Teti, Graziella Tosta, Cristina Turella, Tony Verruccio
Anziani, pensionati, professionisti, giovani appassionati di teatro, amatoriali e neofiti. Ci siamo incontrati una volta alla settimana nel teatro di Tor Bella Monaca. Per qualche mese hanno partecipato anche molti studenti dell’Università di Tor Vergata. Il progetto era inserito nei loro crediti formativi. Abbiamo parlato di Peter Brook e Pina Bausch con Granfranco Capitta e Leonetta Bentivoglio che ringrazio ancora molto. Poi abbiamo iniziato a lavorare in scena, con la musica, dal vivo, suonata, improvvisata e “raccontata” dal maestro Antonio di Pofi, grazie al quale i partecipanti al seminario hanno potuto sperimentare la relazione tra musica e scrittura di scena. Il tema delle improvvisazioni, all’inizio è stato “Fede speranza e carità, ricordi ed emozioni che non si possono cancellare”. Non era necessario naturalmente ragionare intorno alla fede come dono divino ma alla fede come energia che ti spinge a combattere e ti sostiene nel vivere. Abbiamo intercettato nella nostra memoria profonda un’emozione. Poteva essere leggera come una bolla di sapone o pesante come un macigno, non aveva importanza. Abbiamo cercato la musica che ci facesse da compagna di strada, da cappotto caldo, da rimando, da contrappunto. Ognuno, tra le proposte presentate, ha scelto la sua musica. Abbiamo svolto insieme un lavoro di analisi strutturale dei testi, dei motivi e delle necessità, delle parole inutili e di quelle indispensabili, abbiamo digerito ogni emozione dell’altro, imparando a raccontarla come se fosse nostra.Non ci siamo mai annoiati. Abbiamo anche ballato, lo studio collettivo della grande Pina ci aveva travolto. In scena ora è rimasto, con grande timidezza, con consapevolezza dei propri limiti, un corale che ci racconta un pezzo di italia, quella che non alza la voce e non va in TV.
Sono cinquanta minuti di non regia, un semplice e consapevole esercizio di sostegno, un divenire trasparente, per dare vita solo all’essenziale.